I dolci fatti in casa
"Erano quei giorni la gloria delle nonne, delle mamme, delle zie, delle sorelle grandi. Tutti in cucina a preparare uova, mandorle, farina, zucchero, limoni, vainiglia, la magica polverina che dava ai dolci il profumo dei fiori, cannella, vin cotto, ora spremuto dai fichi ora dalle uve. E si preparavano cartellate (il riccio di questo dolce vuol ricordare le lenzuola che Gesù non ebbe nella mangiatoia), calzengidde, ripieni di ricotta e di cotognata (hanno, quei dolci, forma di cuscinetti: i cuscini che al suo capo il Bambino Gesù non ebbe). E poi tutta la gamma delle leccornie casalinghe: torroni, paste reali, castagnedde, chiacune (fichi secchi che venivano fortificati con mandorle e cioccolato), ecchie de Sanda Lecì, pasticcini così minuscoli da sembrare i piccoli occhi che, nelle immagini, la Santa mostra in un piattino d’oro. Durava lunghi giorni la grande sagra dei dolci fatti in casa che erano poi conservati, non erano quelli tempi di frigoriferi, nei grandi tiretti degli armadi, liberati da tutta la biancheria che contenevano, quella intima compresa. Ben chiusi a chiave, si capisce: per evitare l'assalto dei figli sempre affamati. Queste familiari confezioni si facevano solo in casa, le pasticcerie e i bar non ne vendevano. Sarebbero passati molti anni perché queste tentazioni della gola apparissero nei pubblici locali e anche nei ristoranti. La gente, fuori casa, voleva trovare cose diverse. Una vecchia nonna, portata con grande gioia dei figli e dei nipoti, a gustare le buone cose di sapore antico in un ristorante che aveva inaugurato la cucina tipica locale, protestò solennemente: “Ma come, m’avete portata fin qui per mangiare le cose che si fanno in casa?”. Già, i menu dei grandi locali dovevano prescindere da quel che si faceva in casa.
(Vito Maurogiovanni)
1 commento:
La mia mamma ieri sera preparava gli struffoli...
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