23 dicembre 2005

la Vigilia di Natale

"E poi arrivava la vigilia di Natale, il 24 dicembre. Pranzo sontuoso: spaghetti con il gronco, una sottospecie del capitone, spinoso, oppure con lo stesso capitone o le anguille. E poi capitone allo spiedo con foglie d’alloro, frutta di mare cruda, comacchio ( il capitone marinato), e baccalà e pesciolini sotto aceto e verdura e vino, vino,vino. E dolci, dolci, dolci. La grande abbuffata. E dopo la grande abbuffata, si nasceva il Bambino. La piccola statua era posta nella mani del bambino più piccolo: e tutti i familiari dietro di lui, portando candele accese e facendo scintillare le stelle filanti e cantando " Tu scendi dalle stelle". Naturalmente non tutti conoscevano le parole di Sant’Alfonso e i più faceti , invece delle parole, accennavano alla nenia sussurrando:"Nanà...nanà"; e , poi da baresi lingua" lunga", come ben tutti sappiamo, aggiungevano qualche pesante parola completandola con il " Nanà...nanà", forse per fare dimenticare la cosa detta. E la cerimonia non era finita. Deposto il Bambinello nella culla della grotta, il bambino più grande doveva recitare la poesia, in lunghi giorni studiata con la " maestra", cioè una buona donna che intratteneva i piccoli nella sua casa trasformata in casereccio asilo. Apriti cielo! Il bambino si scherniva, aveva vergogna; poi diceva di aver dimenticato le parole. Poi le ricordava e finalmente incominciava: " Stanotte a mezzanotte / è nato un bel bambino..." A questo punto, pianto dirotto, non sapeva più andare avanti. E i genitori a far moine, a promettere caramelle e cioccolatini per fargli ricordare le parole dimenticate. E tante erano la stizza, la rabbia, l'ira del piccolo monello che aveva dimenticato la sua poesiola da lasciarsi sfuggire : " E che c...non me la ricordo più". Naturalmente il colpevole di quella parola detta del bambino che incominciava con la consonante c... era il nonno che, quella parolaccia, ripeteva spesso. E il bambino l'aveva appresa. E meno male che, ad acquietar la tempesta in famiglia, c'era la tombola. La tombola. Tutti attorno al tavolo, si gioca. La tombola era patrimonio esclusivo della nonna che, a fatica, dall'ultimo tiretto del vecchio armadio, tirava fuoir come una cara reliquia tutto l'armamentario usato solo in occasione del Santo Natale. Era una tombola vecchia, vecchissima, le cartelle avevano il colore della cenere spenta, usate com'erano state per anni. Sul tavolo venivano poste bucce di mandarini e arance; e fave e fagioli secchi, fatti a pezzettini, per segnare i numeri che uscivano. Le palline numerate erano raccolte in una vecchia calza nera; e, dopo lunghe discussioni su come dividere i pochi soldi su ambo, terno,quaterna e quintina e su chi doveva tenere il tombolone, il gioco aveva inizio. E così usciva il 22, e tutti in coro:" Il matto"; e usciva l'11, e il giovanotto che teneva d'occhio le belle della comitiva, subito esclamava: " Le gambe delle donne". E veniva fuori il 24, e tutti: " La vigilia", ma lo spiritoso di cui s'è detto: " Le gambe delle donne". Ed erano gambe delle donne anche il 90, la paura, il 17, la disgrazia. " Lasciatelo dire -diceva la nonna- tanto quello ci ha sempre quella fissazione". E la notte passava e gli spari nella città s'erano spenti, e i bambini e i vecchi s'addormentavano. Spuntava l'alba sulla tombola, sul mercante in fiera, sul sett'e mezzo. Si spegnevano, nell'incerta luce dell'alba, le candeline sul presepio e Gesù rimaneva fra la Madonna e San Giuseppe, i carabinieri con il pennacchio, il pescivendolo con i frutti di mare, lo specchio rotto che voleva essere lago con le paperelle di celluloide. E arance e mandarini e noci in stagnola argentata sul ramoscello regalato dal compare di campagna s'illividivano neall fioca luce del mattino di Natale."

(Vito Maurogiovanni)

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